TerzoFuoco | Storia della Porcellana
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Storia della Porcellana

La Porcellana

La porcellana è un particolare tipo di ceramica che si ottiene a partire da impasti contenenti caolino e feldspato, con cottura a temperature tra 1200 e 1400 °C.

 

Cenni storici

1. Le origini, in Cina

La storia della ceramica e della porcellana in Cina si può sintetizzare in un lungo processo evolutivo. Durante tale processo l’abilità dei maestri ceramisti ha saputo volgere a proprio vantaggio anche i piccoli “incidenti di percorso”, sicuramente accaduti nelle fasi di lavorazione e cottura per produrre le straordinarie vetrine, monocrome e policrome, nonché alcuni effetti particolari, come le cavillature che spesso avvolgono, come in una rete sottile e impalpabile di screpolature, i corpi dei manufatti che si offrono al godimento estetico per la perfetta armonia fra forma, invetriatura ed apparati decorativi.

Ceramiche delle dinastie Han e T’ang

 

La produzione di manufatti ceramici presuppone stanziamenti umani relativamente stabili, disponibilità immediata di materie prime ed un’organizzazione del lavoro tipico di una società complessa che, grazie alla creazione del necessario surplus alimentare, consenta di distogliere parte delle risorse e dei membri di una comunità dalle attività esclusivamente mirate al procacciamento di cibo per impiegarli anche nella produzione artigianale di vasellame d’uso domestico e funerario.

La prima porcellana fu prodotta in Cina, presumibilmente durante la dinastia Tang, nel periodo dal 618 al 907 d.C..

Con il miglioramento delle tecniche, la dinastia imperiale Song (960-1279 d.C.) decise di istituire fabbriche reali per realizzare porcellana destinata ai palazzi reali. Verso il 110 d.C. la produzione si diffuse con apprezzati risultati artistici anche in Corea, e successivamente raggiunse il Giappone, di cui sono caratteristiche le porcellane Kakiemon, a disegni semplici su fondo bianco, e Imari o Arita, a decori su fondo blu e rosso.

p. Kakiemon p. Imari p. Arita p. Arita

Dal 1300, la produzione di porcellana dura raggiunse in Cina una qualità di vera arte, in cui si distinse la città di Jingdezhen, dove vennero realizzate le maggiori opere di quel secolo. I due periodi che più si distinsero furono quello delle dinastie Ming (1368-1644) e Qing (1644-1912), con opere ancora oggi considerate tesori artistici insostituibili.

p, Ming p. Ming

 

2. In Occidente

Le prime testimonianze dell’esistenza della porcellana arrivarono in Europa tramite gli scritti di Marco Polo, nel XIII secolo.

Nel secolo successivo i padri Gesuiti riuscirono a portare in Europa alcuni esemplari di porcellana dura decorati in bianco e blu. Tuttavia la sua composizione rimase a lungo un mistero. Venne definita “oro bianco” e divenne un prodotto di altissimo lusso.

Gli Olandesi riuscirono a stabilire accordi commerciali per importare la porcellana cinese a partire dal 1500 e in seguito ne detennero il monopolio.

Nel 1600 l’importazione della porcellana cinese, ed il relativo commercio, divennero una norma in Europa, fortemente incentivati dall’estendersi dell’uso di bevande in tazza: tè, caffè, cacao.

 

2.1. La prima porcellana in Europa: Meissen e Dresda

Gli europei tentarono svariate volte di raggiungere la perfezione della porcellana dura cinese, senza tuttavia riuscirci. Riuscirono però a creare una versione propria della porcellana: la porcellana tenera. Questa, che vide la luce nel 1575 a Firenze, aveva costi relativamente minori e quindi maggior diffusione, diffondendosi anche tra i borghesi più agiati.

La produzione si affinò e sorsero importanti centri di produzione in Italia, in Inghilterra e in Francia, ritenuta il centro più importante. Le prime fabbriche furono a Rouen, St. Cloud, Lille e Chantilly; ma la manifattura divenuta più famosa fu senz’altro a Sevres, dove la produzione si trasferì dalla città di Vincennes.

Agli inizi dell’anno 1700 l’alchimista diciottenne Johann Friedrich Böttger venne letteralmente catturato e tenuto prigioniero in Dresda dall’elettore di Sassonia Augusto il Forte, perché questi riteneva che fosse in grado di trasformare i metalli vili in oro, e obbligato a portare avanti esperimenti in tal senso.

Nel 1703 tentò la fuga verso Praga, ma venne ripreso e condotto indietro. Per sua relativa fortuna venne in contatto con il proprietario di una fabbrica di vetro, Ehrenfried Walter von Tschirnhaus. Questi aveva speso i precedenti vent’anni a cercare di riprodure la porcellana dura e si convinse del talento di Böttger. Si adoperò perché dalla ricerca della formula per l’oro vero e proprio, si passasse a quella per l’oro bianco.

Sempre sotto custodia Böttger eseguì svariati esperimenti e trovò la formula giusta per produrre la porcellana dura, probabilmente nel 1708 o 1709, presso Dresda. Venne riportato in un laboratorio del castello di Albrechtsburg, nella città di Meissen, dove si avviò la produzione vera e propria. Poiché la scoperta avvenne a Dresda, la porcellana di Meissen è spesso definita Porcellana di Dresda.

p. Meissen e relativo marchio

 

La scoperta non gli portò affatto fortuna: per timore che rivelasse un segreto industriale con un valore economico impressionante (e per dispetto di non aver ottenuto la formula dell’oro), Böttger venne letteralmente rinchiuso nel castello e condusse la manifattura da una prigione dorata. Di qui fu liberato solo nel 1714. Sebbene avesse poco più di 30 anni era profondamente malato, molto probabilmente per aver dovuto lavorare con pesanti catene in un laboratorio privo di areazione. Morirà nel 1719.

La Manifattura di Meissen stabilì un monopolio della produzione di porcellana dura e si ispirò inizialmente agli originali orientali per forme e decori. Successivamente lo stile si evolse seguendo le mode e facendo emergere soluzioni del tutto inedite soprattutto per la pittura su porcellana, ad opera di Horoldt.

Ancora oggi nella zona ha sede una fiorente industria artistica, di valore riconosciuto.

Attraverso una serie di vicende i dettagli della produzione giunsero infine a Limoges, dove si erano scoperti depositi di caolino, successivamente alla Manifattura di Vienna e infine al resto dell’Europa.

 

2.2. Le porcellane francesi: Chantilly, Limoges, Sévres

La produzione della porcellana francese ebbe origine in Chantilly dove, nel 1730, il Duca di Borbone stabilì una manifattura presso il castello locale. Poiché il Duca era un appassionato collezionista di porcellane giapponesi, la manifattura fece di questo stile la sua priorità. I primi pezzi furono dunque ispirati allo stile Kakiemon, caratterizzato da decori in blu con disegni di ramoscelli o peonie. Nel 1735 la manifattura ottenne persino una speciale patente da Luigi XV, che specifica il diritto di fabbricare porcellane in imitazione della porcellana del Giappone.

L’artista ingaggiato dal Duca fu Jean-Antoine Fraisse, che trasse ispirazione dal Libro dei Disegni Cinesi, del 1735.

A prescindere dalla delicatezza del disegno e della smaltatura, va ricordato che la produzione non fu di vera e propria porcellana dura, ma di porcellana tenera o ceramica, il cui color crema veniva mascherato da una smaltatura bianco latte. Poiché già nel 1750 iniziò la concorrenza da parte dei centri di Vincennes e Sèvres, la produzione fu limitata e i pezzi di questa provenienza sono assai rari.

Nel 1738 infatti, artigiani provenienti da Chantilly fondarono la manifattura di Sèvres, presso Chateau de Vincennes. La produzione si dedicò a pezzi finemente decorati e smaltati in oro, che si rivolgevano alle classi altamente privilegiate. La famiglia reale stessa garantì un contratto di esclusiva per la produzione di porcellana in Francia, insieme con il titolo di Manifattura reale di Porcellana. Il re Luigi XV possedeva, di fatto, una parte della manifattura, e rilevò quanto restava nel 1759: ritenne di essere il miglior ambasciatore possibile della superba qualità delle porcellane francesi, che avevano raggiunto una clientela ampia, sia nel loro paese che all’estero. Il re viaggiò molto per mostrare la reputazione di Sèvres, che fu famosa per i suoi colori intensi e brillanti e per la finezza dei suoi smalti. Inoltre commissionò lavori monumentali per la sua collezione personale.

p. Sévres p. Limoges

Tuttavia, tanta preferenza destò forti malumori negli altri artisti e produttori che si videro danneggiati dal monopolio imposto. Luigi XV fu costretto a cedere, ma volle mantenere l’esclusiva di alcune tecniche particolari, come la doratura. Queste accortezze mantennero Sèvres in una posizione di privilegio per la produzione di pezzi di maggior finezza e costo, in un’epoca che basava tutta l’arte decorativa sull’ostentazione sfrenata. La produzione conobbe una vera epoca d’oro quando si rinvennero depositi di caolino presso la regione di Limoges, il che eliminò la necessità di importare il materiale dall’Austria.

In quella zona sorsero anche altre piccole manifatture di porcellana, con produzioni più limitate. In tal senso il termine porcellana di Limoges indica la provenienza da un’area geografica e non da una vera e propria manifattura specifica.

Lo splendore di Sèvres ebbe una brusca battuta d’arresto con la violenta crisi economica e i disordini generati dalla Rivoluzione Francese. Praticamente in rovina, la manifattura venne dichiarata proprietà del governo e cercò di sopravvivere con una forza lavoro molto ridotta.

All’inizio del 1800 passò in carico alla direzione di Alexander Brongniart, un uomo con scarsa competenza del settore, ma grande cultura in chimica, botanica, zoologia e geologia. Brogniart applicò la sua non comune cultura e intelligenza per far rinascere la manifattura, che vide rifiorire tanto la qualità del design quanto il livello produttivo. Sèvres si indirizzò infine anche su linee meno esclusive, ma più spendibili presso la ricca borghesia. Riuscì, negli anni, a mantenere tanto il favore della corte, come con Napoleone, quanto a conquistare ampi strati di società, grazie a una qualità che non venne a compromessi nemmeno per le produzioni più semplici e di largo consumo. Furono molti gli artisti famosi che lavorarono per la manifattura, che era di per sé garanzia di altissima ricerca stilistica e poteva pagare i migliori pittori del mercato. Tra di essi ricordiamo Jean-Honoré Fragonard.

Sèvres creò anche il primo museo del mondo dedicato esclusivamente alla porcellana, e vi espose tanto veri gioielli di antichità quanto le sue stesse produzioni.

 

2.3. Capodimonte, Napoli

In Italia, Carlo di Borbone sposa, nel 1738, Maria Amalia di Sassonia, nipote di Augusto il Forte, che aveva patrocinato la prima fabbrica di porcellana dura europea. Carlo volle avviare una produzione che fosse alla pari di quella, ormai famosissima, di Meissen, e fece avviare i lavori per la prima fabbrica.

Questa sorse poco distante dal suo palazzo, sulla collina di Capodimonte e venne quindi detta Real Fabbrica di Porcellana di Capodimonte. Furono addetti alla fabbrica pochi artigiani specializzati: Livio Vittorio Schepers, suo figlio Livio Schepers e Giovanni Caselli furono incaricati dell’impasto. Lo scultore fiorentino Giuseppe Gricci venne ingaggiato come modellatore. Il pittore Giuseppe Della Torre e l’intagliatore Ambrogio Di Giorgio chiudevano l’equipe artistica. Furono necessari, come in tutti gli altri casi, vari esperimenti per trovare la giusta formula della porcellana. Solo alla scoperta di un deposito di caolino presso Catanzaro fu possibile, infine, avviare una produzione che venne ben presto considerata superiore a quella francese.

p. Capodimonte con marchi

 

Nel 1759, tuttavia, Carlo successe a Filippo V come Re di Spagna e diede ordine che tutta la produzione, artisti e operai inclusi, venissero in blocco trasferiti presso il Palazzo Reale di Buen, a Madrid, dove la fabbricazione cessò nel 1808. Perdurò invece, ininterrotta, a Napoli.

A Carlo di Borbone successe il figlio Ferdinando. Questi ascese al trono come Ferdinando IV Re di Napoli (1759-1816) e, successivamente, con il nome di Ferdinando I Re delle due Sicilie (1816-1825). Nel 1771 volle, a sua volta, avviare una nuova produzione di porcellane nella Reggia di Portici, e successivamente nel Palazzo Reale di Napoli.

Nacque così la Real Fabbrica Ferdinandea, le cui opere furono contrassegnate da una lettera “N coronata”, di colore azzurro. Il periodo di maggior splendore fu dal 1780 al 1799. Quando nel 1806 Napoli venne conquistata dai Francesi, questi, che non avevano alcun interesse a mantenere attiva una produzione in concorrenza con la loro, vendettero le attrezzature ad imprenditori locali, tra cui Giovanni Poulard-Prad. Questo permise tuttavia di mantenere viva nell’area una tradizione artistica fiorente ancora oggi e famosa per i suoi fiori in porcellana.

 

2.4. Ginori e Richard-Ginori

Nel 1735 nasceva, a Sesto Fiorentino, la Manifattura di Doccia, su progetto del marchese Carlo Ginori che veniva definito scienziato dilettante. L’intento era di fornire, ad un paese dedito soprattutto all’agricoltura, nuovi orizzonti commerciali che lo aiutassero a uscire dalla forte crisi politica segnata dalla successione dei Medici verso i Lorena.

Ginori investì molto sul progetto, sia per superare i noti problemi tecnici e di approvvigionamento delle materie prime, che per fornire agli artisti riferimenti culturali di pregio. Acquistò varie opere tardo barocche di valore, pubblicazioni d’arte e di architettura, calchi di opere d’arte, cammei, terrecotte, sculture, cere.

I primi due decenni di attività furono pionieristici e produssero soprattutto gruppi di statue, servizi da tavola e bassorilievi istoriati da decorare.

Tuttavia l’impegno fu ripagato dai risultati:  Nello spazio di pochi decenni la manifattura divenne un’azienda di notevoli dimensioni e nel 1774 occupava già più di 100 operai. Fabbricava maioliche e porcellane, da arredamento e da tavola, di grande pregio artistico, molto amate e per le quali era conosciuta in tutta Europa. Tipiche di questa produzione furono i decori del tulipano e del galletto, tanto apprezzati da venire prodotti per tutto il secolo.

p. Richard-Ginori e relativo marchio

 

La produzione ebbe grande successo e dette un tocco squisitamente italiano alle sue opere. Nel 1850 e 1851 venne prodotto il Vaso dei Medici o Vaso Mediceo, un modello destinato ad avere una considerevole fortuna: un vaso di ampie dimensioni, dalla forma a campana rovesciata che poggia su un unico piede, spesso di forma quadrata, e presenta due piccole anse in basso. Venne detto così poiché si ispirava alla forma dei grandi vasi marmorei della Villa Medici a Roma. Tutt’oggi ne vengono prodotti diversi esemplari.

Nel 1896, a causa di problemi finanziari, i marchesi Ginori furono costretti a vendere la Manifattura di Doccia al milanese Richard, produttore di ceramiche. Nacque così la Richard-Ginori.

 

2.5. Chelsea, Worcester e la Bone China, Wedgwood

Come gli altri paesi l’Inghilterra non mancò di avviare la sua produzione di porcellana. A differenza di quanto avvenne in molti altri paesi d’Europa, le manifatture furono del tutto private e prive di sponsorizzazioni da parte della casa regnante. La prima produzione fu di porcellana tenera, ma ben presto la produzione si affinò. Una svolta si ebbe nel 1800 nella città di Bow, quando Josiah Spode iniziò ad aggiungere all’impasto polvere di ossa animali finemente triturate. L’additivo conferì una traslucenza, bianchezza e resistenza notevole a questo nuovo tipo di porcellana, che venne detto Bone China. Questa nuova ricetta divenne, con il tempo, lo standard della produzione inglese. Tutt’oggi, marchi prestigiosi quali Royal Worcester, Coalport e Royal Crown Derby usano porcellana Bone China.

È probabile che il primo centro di una certa rilevanza sia stato quello di Chelsea, dove la produzione si avviò a metà del 1700, molto probabilmente grazie alla presenza di artigiani francesi provenienti dalle manifatture di St. Cloud o di Chantilly. La manifattura venne fondata dagli ugonotti Charles Gouyn e Nicholas Sprimont, quest’ultimo un orefice che lavorava a Londra.

Manca una data certa di inizio della produzione, ma il primo reperto datato di cui si ha notizia è una salsiera sostenuta da due caprette, con un’ape in dimensioni naturali e marchiata Chelsea 1745. La produzione Chelsea non durò a lungo, poiché venne venduta a William Duesbury che risiedeva nella città di Derby. Lì si trasferì, quindi, la produzione nel 1784. I lavori di quest’ultimo periodo si distinsero per qualità, ma va notato che le porcellane di Chelsea avevano scarsa resistenza al calore e all’uso. Questo diede alla Manifattura un forte impulso a produrre figurine e porcellane decorative, più che servizi da cucina.

La manifattura Chelsea siglò in diversi modi le sue opere: un triangolo inciso, all’inizio, una piccola ancora sollevata, rossa oppure dorata, o ancora successivamente, un’ancora dorata con la lettera D e la corona.

Le porcellane inglesi di questo periodo erano ancora soggette a creparsi al contatto con liquidi bollenti. È tipico dei servizi da tè dell’epoca avere un piattino profondo, a coppetta: si versava il latte freddo nella tazzina, si aggiungeva il tè e si versava prontamente nel piattino a coppa, da cui veniva bevuto. Tutto questo allo scopo di evitare che la porcellana si rompesse per il calore.

Nel 1751 venne fondata la Worcester da un gruppo di imprenditori. La manifattura ebbe una notevole fortuna poiché le sue porcellane avevano una alta resistenza al calore e non rischiavano di rompersi a contatto con bevande bollenti, come era frequente per quelle di Chelsea. Ciò diede impulso alla produzione di servizi da tè, anzichè a quella della porcellana decorativa. Fu presso la Worcester che venne inventata la tecnica della stampa a trasferibile che diede un enorme impulso alla produzione di grandi quantitativi.

 

p. Bone China p. Worcester

La Worcester cambiò proprietà diverse volte e si unì a manifatture rivali. Nel 1862 nacque The Worcester Royal Porcelain Co. oggi nota in tutto il mondo come Royal Worcester. Le porcellane Worcester sono considerate tra le migliori porcellane inglesi.

Nel 1759 nasce un’altra produzione destinata ad avere grande seguito e fortuna. Josiah Wedgwood fonda l’omonima azienda e con un temperamento votato all’innovazione affina la tecnica mettendo a punto i suoi materiali peculiari: il Queen’s Ware, il Basalto Nero, e il Jasper. Nel 1800 la Wedgwood perfeziona la Bone China, sviluppandone una qualità superiore. La Fine Bone China presto troverà posto sulle tavole dei potenti di mezzo mondo: uno dei più noti esempi è il servizio da tavola Wedgwood che Theodore Roosevelt volle per la Casa Bianca.

Altre produzioni piuttosto famose del panorama inglese furono le produzioni di Limehouse, Bristol, Longton Hall, Vauxhall, Lowestoft, Liverpool, Plymouth, Caughley e New Hall.

 

2.6. Royal Copenhagen, Bing & Grøndahl

Anche la Danimarca avvia una produzione di porcellana. Nasce il primo maggio 1775 la Reale Fabbrica di Porcellana di Copenhagen, sotto la protezione della Regina Maria Giulia di Danimarca. Dopo i consueti tentativi falliti, tipici dell’avvio di tutte le Manifatture di questo tipo, Frantz Müller ottiene i primi successi. Il primo stabilimento sorge nel cortile di un ufficio postale, nella cittadina di Købmagergade. Le porcellane di questa scuola hanno come marchio di fabbrica tre linee d’onda che simboleggiano i tre canali di Danimarca: Øresund, Store Bæelt e Lille Bælt.

p. Royal Copenhagen Blue Fluted e relativi marchi

 

Con il successivo patrocinio di Re Cristiano VII la fabbrica sviluppa il suo stile peculiare. Il decoro si orienta al solo uso del blu cobalto, con uno stile copiato quasi integralmente dalle preziose porcellane di Meissen.

Questo decoro caratteristico venne chiamato Blue Fluted e sarà distintivo di tutta la successiva produzione danese. Il Blue Fluted è un decoro a pattern di stile floreale, esile, dallo sviluppo vagamente geometrico e spiraliforme, che ricorda le volute della filigrana. Si sviluppa sempre e comunque in blu cobalto su fondo bianco. Il Blue Flute si modificherà diverse volte nel tempo sino a giungere ai giorni nostri dove troviamo il Blue Fluted Plain, Blue Fluted Half Lace e il Blue Fluted Full Lace. Particolarmente famoso sarà il restyling che l’architetto Arnold Krog ne fece nel 1913.

Ultimo della famiglia, il Blue Fluted Mega, fu introdotto nel 2002 dalla designer Karen Kjaeldgård-Larsen. Il Blue Fluted è ancora oggi rigorosamente dipinto a mano e per ogni pezzo si rendono necessarie circa 1000 minute e minuziose pennellate.

Sebbene la porcellana danese fosse caratterizzata dall’intensivo uso del blu cobalto, questa non fu una scelta esclusiva. Una delle opere più famose di quel primo periodo infatti, il servizio Flora Danica, fu realizzato in smalti policromi e oro.

Venne commissionato nel 1790 dalla famiglia reale danese come dono per la Zarina Caterina di Russia, appassionata collezionista di porcellane.

Il servizio, monumentale, richiese anni di lavorazione. L’artistà che vi dedicò gran parte della vita fu Johann Christoph Bayer, che modellò a mano i 1802 pezzi del servizio per poi decorarli seguendo le illustrazioni del Flora Danica, ovvero l’Enciclopedia Botanica Danese. L’impresa terminò nel 1806, quando l’artista aveva 66 anni.

L’opera non venne mai realmente consegnata in Russia ed il servizio venne infine donato per il matrimonio della Principessa Alessandra di Danimarca con il futuro Edoardo VII di Inghilterra nel 1863. Flora Danica è oggi uno stile ben preciso, ancora oggi modellato e decorato a mano nella fabbrica della Royal Copenhagen.

Abolita la monarchia assoluta nel 1849 si aprirono prospettive di mercato libero. Nel 1853 lo scultore della Manifattura Royal Frederik Vilhelm Grøndahl decise di fondare una fabbrica di porcellana propria e si associò con i fratelli Meier Herman e Jacob Herman Bing, commercianti in Copenhagen. La produzione si focalizzò maggiormente su quanto il mercato richiedeva: figure in bisquit dell’emergente artista Thorvaldsen. Nacque così, Il 19 aprile, Bing & Grøndahl.

L’Esposizione Mondiale di Parigi del 1889 consacrò le porcellane danesi al successo internazionale che raggiunge il suo apice quando lo Zar Alessandro III acquistò svariati pezzi, oggi esposti in San Pietroburgo. Nel 1890 la Royal Copenhagen aprì un primo negozio a Parigi, cui seguirà, nel 1897 un altro punto in Old Bond Street, a Londra.

piatto natale 1965Nel 1895 iniziò una serie che ebbe un’enorme fortuna: Hallin, artista di punta della Bing & Grøndahl, realizzò il primo piatto di Natale. I piatti di questa serie, che variano soggetto ogni anno, sono tutt’oggi in produzione.Fu da subito, ed è ancora tipico della porcellana danese, l’applicazione dello smalto prima della cottura, e non dopo. In tal modo è possibile saltare il passaggio della seconda cottura a 1400°. Questa tecnica di presmaltatura è nota come underglaze e diede un carattere distintivo alla produzione artistica danese.

In questa particolare applicazione della tecnica, lo smalto viene steso in successivi strati leggeri, in modo molto simile a quanto avviene nell’acquerello.   Il colore acquista  così  sfuma-

 

ture tenui e pattern particolari. Questa tecnica si unì a lievi decori in rilievo, a trafori leggeri e a un gusto orientato a paesaggi, marine e figurine animali. Un esempio molto noto di questo stile è il Servizio dei Gabbiani, detto anche Servizio Nazionale Danese, opera di gusto delicato, tipicamente art nouveau, della pittrice Fanny Garde.

La Bing & Grøndahl, infine, si è unita alla Royal Copenhagen nel 1987.